Venceslao, Verona, Merli, 1708

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza real di Cracovia con archi trionfali, machina trionfale che viene avanzando e da cui dovrà scendere Ernando, accompagnato dal suono de’ militari stromenti. Siegue l’esercito polacco con molti schiavi in catene e fra loro vedrassi alzato sopra di un’asta il tronco teschio di Adrasto, già capo de’ rubelli Moldavi. Ad un lato della scena vedesi una scalinata del palazzo reale da cui dovranno scendere Venceslao e i due principi suoi figliuoli.
 
 ERNANDO, VENCESLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 O del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 Venceslao sempre invitto,
 già ’l superbo moldavo
5morde i tuoi ceppi; e ’l contumace Adrasto,
 de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto,
 là su l’Istro confessa
10ne le aperte sue piaghe il suo delitto.
 VENCESLAO
 Le tue vittorie, Ernando,
 degne de la tua fama e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto;
 ma di tanta tua gloria è nostro il frutto.
15Vieni, onde al sen ti stringa,
 o forte del mio regno (Lo abbraccia)
 difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
 un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
20generoso Alessandro. (Si abbracciano)
 VENCESLAO
 Casimiro, e tu solo
 al vincitor nieghi gli applausi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VENCESLAO
25Sinor sterili applausi
 diedi al valor di Ernando. I suoi trionfi
 chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VENCESLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
30Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace.
 VENCESLAO
 Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor. Sol per te chiedo. (Ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                                O amico. (Ad Ernando)
 ERNANDO
35Dirò, poiché lo imponi,
 ma non senza rossor (non senza pena);
 tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo!)
 VENCESLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
40Perdona. Amor sol diede
 più zelo al cor, più stimolo a la fede.
 VENCESLAO
 Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah! Più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Amutisci,
 troppo altero vassallo.
45Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
 ne ammorzerò le fiamme. Ama là dove
 non offendi il tuo prence; o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se ti offendo, tacerò;
50né dirò
 di qual fiamma avvampi il cor.
 
    Cercherò ne l’ubbidirti
 la mercede a la mia fede
 e ’l conforto al mio dolor.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO, ALESSANDRO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
55Tu de l’amico Ernando
 siegui, Alessandro, le vestigia e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 quaggiù, fuorché ’l suo re, fuorché gli dei.
 CASIMIRO
60E ch’ei tema, gli aggiugni,
 in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 Tanto esporrò ma troppo ingiusto sei.
 
    Guarda che a nobil core
 fida scorta il ciel si fa.
 
65   Protettor degl’innocenti
 debellar sa i tradimenti
 e punir la crudeltà.
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
70vuol privar te di un padre e me di un figlio.
 CASIMIRO
 Del tuo poter, de la mia vita, o sire,
 usa a tuo grado, il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude;
 ma che un basso vapore,
75che un mio servo, un Ernando
 mi sia rival, ch’e’ mi contenda e usurpi
 il possesso di un bene?
 Nol soffrirò.
 VENCESLAO
                         Vedrem ciò che far possa
 mio malgrado il tuo amor. Ma sappi intanto
80che un reo vassallo arma di un re lo sdegno
 e che, prima che a te, fui padre al regno.
 
    Se vuoi dar leggi al mondo,
 serba le leggi in te.
 
    Non sono gli ostri o ’l trono
85ma ’l retto esempio e ’l giusto
 ciò che temuto e augusto
 rende a’ vassalli un re.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Con avviso impensato
 t’inchino, o prence.
 CASIMIRO
                                      O mio fedel Gismondo.
 GISMONDO
90Del lituano scettro
 l’illustre principessa...
 CASIMIRO
 Che fia?
 GISMONDO
                   Colei che amasti alor che fummo
 stranieri in quella corte...
 CASIMIRO
 Rimembranze noiose.
 GISMONDO
95Lucinda...
 CASIMIRO
                      È morta forse?
 GISMONDO
 Giunta è poc’anzi.
 CASIMIRO
                                    O dei! Lucinda?
 GISMONDO
                                                                    Io stesso
 la vidi in viril manto,
 mentito il sesso e co’ suoi fidi a canto.
 CASIMIRO
 Turbatrice odiosa
100de l’amor mio, costei sen viene e seco
 avrà la fé giurata,
 rinfaccierà de l’onor suo le macchie,
 i promessi imenei,
 chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GISMONDO
105E tu?
 CASIMIRO
              Che far poss’io?
 Gli affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice. Arde più forte
 del nuovo amor la face
 e goduta beltà più non mi piace.
 GISMONDO
110Vedi; ella viene.
 CASIMIRO
                                 Osserverò s’è dessa.
 GISMONDO
 (Misera principessa!) (Si ritirano in disparte)
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo, FLORO con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
    Torna al lido la navicella
 né più teme quel mar che sfuggì.
 Vola al nido la rondinella
115e si scorda que’ lacci onde uscì.
 
    Sol quest’alma vicina al suo bene
 più sente le pene
 che amando soffrì.
 
 FLORO
 Reina, in questi arnesi...
120Ma gente qui ci osserva.
 CASIMIRO
 (Purtroppo, amico, è dessa). (In disparte)
 LUCINDA
                                                       In quale oggetto
 vi affissate, o miei lumi.
 GISMONDO
 (Già ci osservò).
 CASIMIRO
                                 (Finger mi giovi).
 LUCINDA
                                                                    (O numi!)
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
125tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte cagion ti trasse?
 FLORO
 Egli è ’l tuo Casimiro.
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
130che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
 giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
135l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah! Quasi dissi il fier destin di amarti).
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
 L’uffizio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
140Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (O com’è scaltro!)
 LUCINDA
                                                                    Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi,
145giorno (ah giorno fatal) che in voi si accese
 scambievol fiamma; io seco
 alor che le giurasti eterno amore
 e sol fui testimon del suo rossore.
 (Fisso mi osserva). Ommai
150ti dovria sovvenir che in bianco foglio
 la marital tua fede,
 me presente, segnasti; e me presente,
 si strinse il sacro nodo,
 ti diede il casto amplesso.
155Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’alora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
160ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon de le sue pene,
 de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A cui favelli?
 LUCINDA
 Così m’impose il dirti
165la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
 abbia con la mia vita il mio dolore».
 FLORO
 L’arte di favellar t’insegna amore.
 GISMONDO
170(A lagrimar mi astringe).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
175   Ti consiglio a far ritorno,
 parti, va’;
 né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
 ti sarà solo
180di pianto e duolo
 cagione un dì.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA e GISMONDO
 
 LUCINDA
 Così mi lascia il traditor? Gismondo,
 tu pur non mi ravvisi o te ne infingi?
 GISMONDO
 (Che le dirò?) Signora,
185ben ti ravviso e ti ho pietade ancora.
 LUCINDA
 Dimmi, che sperar deggio?
 Mi ha tradita il mio sposo? O vuol tradirmi?
 Arde per altra? O finge?
 Del mio fato il tenor svelami tu.
 GISMONDO
190Parti, o Lucinda, e non cercar di più.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA e FLORO
 
 FLORO
 Brutto principio, o mia signora, andiamo.
 LUCINDA
 Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno,
 varcai provincie e mari,
195grado e sesso mentii, soffersi tanto;
 vo’ saperlo e pur temo
 che il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Aveva l’idol mio
 bel volto e cor fedel,
200quando partì da me.
 
    Orché a lui torno, o dio!
 per mio destin crudel,
 vi trovo la beltà ma non la fé.
 
 Giardino con fontane corrispondente agli appartamenti di Erenice.
 
 SCENA VIII
 
 ERNANDO, ALESSANDRO ed ERENICE
 
 ERNANDO
 Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invito Ernando.
 ERNANDO
                                                            (O vista!)
 ERENICE
205A l’ombra de’ tuoi lauri
 la commun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
 Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
210ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
 Casimiro e Alessandro.
 Questi, temendo il suo rival germano,
 nascose il fuoco e col mio labbro espose
 le sue fiamme amorose.
215L’odio di Casimiro,
 credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
 La Moldavia rubella
 mi esentò da la reggia. Io vinsi e ’l prezzo
220esser dovea Erenice,
 sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso.
 ALESSANDRO
                            E grande.
 ERNANDO
 Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro alora
225fremé, si oppose, minacciò. Compiacqui
 al suo furor, tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
 è commune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma quale è ’l tuo consiglio?
 ERNANDO
230Ne la vicina notte
 abbracciatevi sposi.
 ALESSANDRO
                                       E poi?
 ERNANDO
                                                      Riparo
 non avrà ’l fatto.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
 se tu vi assenti.
 ERENICE
                               O dio!
 ALESSANDRO
235Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
 Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo l’onestà.
 ALESSANDRO
                                  Prendi, mia vita,
 sposa mi sei. Ne l’atto sacro invoco
240l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco ti abbraccio.
 ERNANDO
                                                              Parti,
 pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
 Verrò cinto da l’ombre
 a darti il primo maritale amplesso.
 ERNANDO
245(Io fui del mio morir fabbro a me stesso).
 ALESSANDRO
 
    Col piacer che siate miei,
 occhi bei, vi dico addio.
 
    Da voi parto sì contento
 che in lasciarvi più non sento
250il poter de l’amor mio.
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso.
 Ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 
    Bocca bella, del mio duolo
255non mi chiedere il perché.
 
    Il saper ti basti solo
 che mi rendono infelice
 amistade, amor e fé.
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, GISMONDO e li sudetti
 
 ERENICE
 (Qual favellar?)
 CASIMIRO
                                Felici amanti, il mio
260importuno venir tosto non privi
 del piacer di una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
 sugli occhi di Erenice un mio comando.
 ERNANDO
265Qual fia?
 GISMONDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
 Da lei che adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
270non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace.
 Ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
 tua baldanza s’inoltra. (In atto di dar mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
275ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO, ERENICE e GISMONDO
 
 GISMONDO
280Erenice offendesti. (A Casimiro)
 ERENICE
 Prence.
 CASIMIRO
                 Mia cara.
 ERENICE
                                     Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor di Ernando
 grave offesa è al tuo grado.
285L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu se’ re.
 GISMONDO
 (Si vendica di Ernando).
 CASIMIRO
 Tua beltade ha l’impero
290sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
295Questo è ’l tuo sol desio
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Non amarmi. Non pregarmi.
 So che inganni, non ti amerò.
 
  Usa lusinghe e vezzi,
300tenta minaccie e sprezzi,
 alma per te non ho.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Amar puossi, Gismondo,
 beltà più ingiusta e più superba?
 GISMONDO
                                                               Prence,
 de l’ingrata Erenice
305si serve amor per gastigarti.
 CASIMIRO
 Di qual fallo son reo?
 GISMONDO
                                         Lo sa ’l tuo core.
 CASIMIRO
 Che mai?
 GISMONDO
                     Spergiuri affetti,
 giuramenti negletti,
 mentita fede, lusinghieri bacci,
310Lucinda amata e poi tradita...
 CASIMIRO
                                                        Eh taci.
 
    Beltà, che più non piace,
 lasciar d’amar si può.
 
    Se il cielo in più sembianti
 i doni suoi versò,
315io perché ingiusto a tanti
 un sol ne adorerò?
 
 SCENA XIII
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Infelice Lucinda, io ti compiango.
 Il tuo amor, la tua fede
 meritar ben dovea miglior mercede.
 
320   Minor pena di un’alma fedele
 è l’amare un cor crudele
 che l’amarne un traditor.
 
    Il suo amor piange sprezzata,
 ingannata, anche il suo onor.
 
 Fine del primo atto